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Manifesto per un’ecologia della letteratura

Questo provocatorio manifesto nasce da una certa dose di sfiducia nei confronti della bolla letteraria, nella quale, come ho potuto constatare più volte, si riesce a stare a galla solo con l’aiuto degli altri – il che di per sé non sarebbe un male, se questa prassi non avesse ormai consolidato un sistema in cui la funzione epitestuale la fa da padrona (vale a dire che i discorsi intorno all’autore, a ciò che dice o che fa, tendono ad avere più peso del testo stesso). Paradossalmente, ritengo che la soluzione sia quella di tornare a predicare una certa distanza – spaziale e temporale – dal testo, che come sappiamo ha una vita sempre più breve; anzi, spesso inesistente se si pensa che tutto il parlare attorno a lui non produce poi reali lettori.
Di conseguenza ho individuato sei semplici regole, che qui rielaboro rispetto all’originale apparso su Facebook, grazie ai feedback ricevuti da alcuni commentatori.

  1. I libri andrebbero recensiti dopo almeno 3 anni dalla data della loro uscita (mi è stato obiettato che questo toglierebbe loro visibilità, ma in un sistema in cui l’offerta supera di gran lunga la domanda – anche di segnalazioni/recensioni – non credo che questa distanza inciderebbe realmente).
  2. Inserire almeno 3 citazioni circostanziate dal libro, per dimostrare di averlo letto con quel minimo di attenzione che merita.
  3. Inserire una critica negativa anche se si grida al capolavoro (ma se piace, mi si dirà, perché farlo? Diciamo perché penso che la categoria capolavoro sia fuorviante, perché esistono dei testi che ci parlano e che utilizzano dei modi per farlo, che in alcuni punti possono funzionare meno che in altri).
  4. La trama, se proprio deve essere inserita, non deve coincidere con la sinossi riportata nella scheda prodotta dall’ufficio stampa (così come non vanno riportate le stesse frasi a effetto per accalappiare il lettore).
  5. Il recensito non potrà parlare per almeno 5 anni di eventuali libri scritti dal recensore – e questo è forse il punto più dibattuto, perché il sistema funziona più o meno da sempre così, è come tutti un sistema fatto di relazioni eccetera eccetera (è vero, ma così si spezzerebbe l’abitudine, ormai divenuta la norma, di demandare agli autori il compito di parlare di altri autori).
  6. Concludo con un consiglio, anch’esso provocatorio: forse l’inizio di un possibile cambiamento dovrebbe partire da un sabotaggio di massa dei profili social, dove la definizione di “amicizia”, per quelli che dovrebbero essere semplicemente dei contatti, rappresenta al meglio (o al peggio) la rete di implicazioni che si sono venute a creare nel corso di questi anni, il cui effetto più evidente sembra quello di sentirsi in obbligo di dover parlare comunque bene di un libro per non rovinare i rapporti (e qui torniamo infatti a bomba: troppo spesso quelle che leggiamo non sono recensioni, bensì semplici segnalazioni, ovvero una continuazione del lavoro dell’ufficio stampa).

Farabutto d’uno scrittore /5

fb

«Ma tutti questi che s’inventano? Editor, uffici stampa, agenti, così dall’oggi al domani, senza aver mai fatto niente».
«Sì, ma anche chi scrive, però, mica son lavori…»
«Ma almeno l’esperienza…»
«Ma te, cos’è che vorresti dire?» Continua a leggere Farabutto d’uno scrittore /5